TORINO – Ma in tutto questo, una buona volta, il Torino Fc che cosa fa? Ecco, sì, appunto, è proprio il momento di chiedercelo di nuovo: che cosa fa il Torino Fc per il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata da trasferire al Filadelfia, come da obblighi statutari della Fondazione (ente pubblico/privato) che gestisce il centro sportivo, a sua volta affittato per gli allenamenti al Torino stesso, a sua volta facente parte della Fondazione di cui sopra, a sua volta in cerca di una soluzione da un anno, due, tre, cinque, sette, dieci, quindici e via enumerando? Ordunque: che cosa ha fatto e che cosa sta facendo il Torino Fc? Sì, proprio così: risposta esatta. Adesso ne proponiamo un’altra, di domanda: chi più del Torino, chi meglio del Torino, chi altro se non il Torino dovrebbe agire da capofila di questa iniziativa, volta a proteggere, curare, tramandare la leggenda del Grande Torino e la storia ultracentenaria del club dal 1906 a oggi? Se il Grande Torino e la storia del Torino non interessano abbastanza al Torino, non viene da pensare che ci sia qualcosa che non funziona, qualcosa che si è inceppato o che, per meglio dire, non è mai partito, non si è mai messo in moto negli ingranaggi della logica, nei gangli dei doveri istituzionali e anche etici, nelle sinapsi del blasone della società, delle tradizioni, dei sentimenti, dei desideri della tifoseria? Ricordiamo Cairo in cima ai ruderi del Fila, esattamente 17 anni fa: arringava la folla, prometteva la ricostruzione del Filadelfia, urlava al megafono con sotto per strada migliaia di tifosi pigiati uno sull’altro. Saremmo dovuti arrivare al 2017: 10 anni dopo, con la rinascita e l’inaugurazione dell’impianto, ma monco. Soldi investiti dal Comune e dalla Regione: 7 milioni, per la precisione 3,5 a testa. Soldi investiti dal Torino: un milione (eppure Cairo, in un primo tempo, aveva ripetutamente promesso di versare la medesima cifra delle istituzioni). Ulteriori depositi successivi del club: circa mezzo milione, frutto della vendita ai tifosi dei seggiolini della tribuna. Il saldo resta manchevole. E il Filadelfia resta monco: manca la riqualificazione sul lato di via Giordano Bruno, l’area dedicata alla nascita del Museo del Grande Torino e della storia granata. Un buco nero c’era, e un buco nero continua a esserci.
La mostra dedicata alla tragedia di Superga
Giusto due giorni fa, lunedì, il Benfica ha solennemente inaugurato una splendida mostra dedicata al Grande Torino, meritevolmente promossa dall’Ambasciata d’Italia a Lisbona, dal club lusitano, dai responsabili del suo (splendido) Museo all’interno dello stadio Da Luz e dai vertici del Museo del Grande Torino di Villa Claretta (Grugliasco, hinterland di Torino), creato e gestito senza fini di lucro dall’associazione di tifosi Memoria Storica Granata. Gran folla, cerimonia a inviti, oltre 200 persone presenti. Discorsi ufficiali dell’ambasciatore italiano Claudio Miscia, del vicepresidente del Benfica Jaime Antunes (con in prima fila il presidente lusitano Manuel Rui Costa, poi portatore di toccanti, calde dichiarazioni a fine manifestazione) e di Domenico Beccaria, presidente del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata. Per il Torino, era presente il direttore operativo Alberto Barile. Era stato invitato anche Cairo, naturalmente: ma non poteva proprio per altri impegni ineludibili e non era una scusa, è stato spiegato. La mostra resterà aperta sino al 4 maggio 2025, 76° anniversario della tragedia di Superga. Certo, da molti mesi il cda della Fondazione Filadelfia è scaduto e la Regione deve ancora nominare il proprio rappresentante: un vulnus che andrebbe risolto a breve, ora. È trascorso fin troppo tempo. Ma il Torino in tutti questi anni che cosa ha mai fatto per promuovere la ricerca dei fondi necessari per la costruzione del museo al Fila? Si balla su preventivi ufficiosi da 6 milioni, intanto il progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE) è già stato consegnato alla Fondazione a maggio dall’architetto designato Marco Bo. Cairo non si è mai impegnato economicamente per sovvenzionare la nascita del museo, lo scorso 3 maggio ha sibilato una frasaccia per la serie «i soldi li avete, spendeteli!» (ma la Fondazione dispone “soltanto” di 1,8 milioni, per la cronaca) e poi tanti saluti. Tanto per cambiare, tanti saluti. P.S.: per l’amore che questo giornale prova per il Grande Torino (a Superga è morto anche il nostro fondatore e primo direttore, Renato Casalbore), per il rispetto che porta alla storia gloriosa del Torino e ai sentimenti dei tifosi del Torino, ci sentiamo di credere quasi religiosamente al detto latino gutta cavat lapidem, la goccia perfora la pietra. Difatti restiamo qua, siamo sempre qui.
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