TORINO – Dal Las Palmas il Torino ha colto un Coco sufficientemente maturo? Immediatamente è parso di sì, tanto è stato il succo spremuto da un giocatore convincente in ritiro come nelle prime giornate di campionato. Poi, dall’impegno di Coppa Italia contro l’Empoli in avanti, il meccanismo si è inceppato. Lo spagnolo, che per i natali del padre gioca per la nazionale della Guinea Equatoriale, ha ridotto le marce e pure successivamente, nelle sfide contro Lazio e Inter e ancor più nella trasferta di Cagliari, ha evidenziato limiti in precedenza nascosti.
Le due facce di Coco
E ora si trova davanti a un bivio. Come spesso capita (basti ricordare Radonjic, che partiva come un Maradona e arrivava da fuori rosa) all’inizio è facile, cavalcando l’entusiasmo e la novità, tirare fuori il meglio. Poi, fisiologico, arriva il calo dopo il quale si possono pesare le reali capacità – tecniche e morali – di un calciatore. Se il primo Coco ha magari dato più di quanto abbia in dote, l’ultimo ha offerto prestazioni al di sotto delle proprie potenzialità. È, questo, il momento ideale per capire davvero chi sia il difensore prelevato dalla Liga: le sensazioni restano positive, ma sta al centrale confermarle o smentirle. A partire dalla sfida di venerdì contro il Como del ritrovato Cutrone (4 reti alla pari di Kvaratskhelia, fin qui in Serie A), in alternativa al quale il tecnico dei neopromossi Fabregas può schierare l’ex Belotti. Un incrocio importante, per mettere alle spalle un periodo buio reso ancora più tale dalla prestazione offerta a Cagliari. Già prima di essere mal posizionato davanti a Milinkovic Savic, così da trafiggerlo con una deviazione scoordinata, Coco alla Unipol Domus aveva commesso una serie di errori. Questo agendo nella posizione che Vanoli gli ha cucito addosso fin da Pinzolo: preso per agire da braccetto, il numero 23 del Torino è invece stato impiegato da riferimento centrale della retroguardia.
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