C’ è tempo: perché agitarsi tanto? Calma, signore e signori, calma. «Siamo ancora all’11 gennaio, no?», si chiedeva retoricamente Cairo l’altra sera, attorniato dai cronisti, dopo essere uscito dalla pancia dello stadio. E dal ventre del Grande Torino a un travaso di bile (della tifoseria) è stato un attimo: esami alla mano, lo potrebbe dimostrare qualsiasi gastroenterologo. È stato sufficiente che il video con l’intervista di Cairo post derby iniziasse a girare sui siti, sui social. Oppure le sue dichiarazioni trascritte: la même chose. E di lì in poi fin da sabato sera, ma con un rossiniano crescendo domenicale sul web e nelle chat, la rabbia, la frustrazione e il nervosismo sono diventati gli stati d’animo più diffusi nelle discussioni. Commenti fiammeggianti. Più o meno a seconda dei giorni, delle settimane, degli anni, la musica è sempre la stessa. Stessa aria, stessa solfa.
La solita commedia
Gennaio 2025, gennaio 2024… gennaio 2018… gennaio 2014, gennaio 2013… gennaio 2008… Tranne eccezioni, chiaramente necessarie per confermare la regola, in due decenni scarsi di cairistici mercati invernali (cairistici o cairoti?) va regolarmente in onda la stessa scena. I più critici potrebbero definirla la solita commedia: e sarebbe comunque un eufemismo, visti gli insulti, gli improperi, gli sbocchi di rabbia, le frasi irriferibili che si possono leggere o udire. La contestazione popolare, costante da agosto come una goccia decisa a scavare una pietra, sta lì a dimostrarlo, anche se con i suoi non meglio precisati «sondaggi» nelle scorse settimane Cairo ripeteva di avere ancora tutto un popolo dalla sua. Forse ha ragione: è dal derby di andata che la curva dei tifosi juventini invoca la sua permanenza, e lo ha fatto pure due giorni fa.
Le parole di Cairo
Non è che avevano partecipato pure loro ai sondaggi presidenziali? Sorbiamoci di nuovo la spremuta dialettica di sabato sera: «Non ho mai perso la voglia… la voglia di rinforzare il Toro l’ho sempre avuta e c’è l’ho ancora, non è che mi è passata… tutt’altro… sono focalizzato chiaramente… ma siamo a gennaio, è un mese difficile… Vuoi prendere un giocatore e magari una squadra non te lo dà perché magari vende un altro giocatore… E comunque bisogna anche fare attenzione a non fare operazioni fuori logica…» (Aperta parentesi: tra entrate e uscite, il mercato estivo si era chiuso con un saldo straordinario per il Torino di Cairo, +41,3 milioni. Non sia mai che venga troppo intaccato un tesoretto così bello! Chiusa parentesi) «Abbiamo tanti discorsi avviati sul mercato. Stiamo ragionando su tante cose diverse. Speriamo di riuscire a fare una cosa che ci piaccia e a farla velocemente. Anche in prospettiva futura, chiaramente l’obiettivo è quello lì. Ma gennaio è un mese molto complicato. Noi facemmo una bella operazione con Ricci nel 2022… una cifra accettabile, interessante… e fu una buonissima cosa. Poi facemmo Ilic. Però non è detto che riesci a fare tutto» (Oddio, che significa questo?) «Siamo ancora all’11 gennaio, no?». Certo: era sabato sera.
Cento giorni dal ko di Zapata
«Stiamo lavorando per fare qualcosa di fatto bene»: e non c’è dubbio, per carità. Resta il fatto che oggi non è più l’11, ma il 13 gennaio: e da quando Zapata ha lasciato un ginocchio a San Siro (5 ottobre), sono passati esattamente 100 giorni. Significano 100 giorni di ritardi, se non di tempo sprecato. E la lungimiranza? E la programmazione? E la strategia? Era così difficile arrivare preparati all’inizio del mercato? In questi 3 mesi anche da Marte si è vista (e senza telescopio) la fossa delle Marianne che si è aperta in attacco. E quindi, adesso? Andate a chiederlo a Vanoli! Due mesi fa, subito dopo il derby, era sicuro che la società gli avrebbe consegnato almeno un rinforzo a inizio gennaio: e lo disse pure, in conferenza. Una settimana fa, invece: «Ho imparato ad avere pazienza». Venerdì, alla vigilia della Juve: «La società deve capire l’importanza di questo mercato». Sabato sera, post derby: «Con la società ero già stato chiaro un mese fa. Li lascio lavorare: spero che arrivi ciò che serve per migliorare». Un signore, questo Vanoli. Immaginate Juric al suo posto! E lo Juric del primo anno in granata, intendiamo dire: non l’irriconoscibile Ivan dell’ultima stagione.
La situazione di Beto
Adesso nel Toro si votano anche a tutti i santi del Paradiso. Perché la prima scelta è Beto, e Beto ha appena segnato in FA Cup. E l’Everton poche ore prima aveva esonerato Sean Dyche, l’allenatore che per 4 mesi aveva relegato Beto ai margini della squadra. David Moyes è il nuovo allenatore, adesso. E mercoledì l’Everton (16°, in piena zona retrocessione) tornerà in campo in Premier contro l’Aston Villa (8°). Al Toro sono convinti che si debba aspettare e ancora aspettare. Pregando Beto affinché non cambi idea e ripeta di voler andare via sempre e comunque. Invocando Moyes affinché non rimanga incantato da Beto in allenamento e pure lui lo lasci libero. E confidando pure che le pressioni del centravanti riducano a miti consigli l’Everton, quanto a un trasferimento in prestito con obbligo di acquisto condizionato (e con paletti veri legati al rendimento, non “finti”). Il tutto, naturalmente, a cifre non superiori ai 14 milioni di euro (la richiesta, per la cronaca, è di 20). Si arriverà a fine mese, allora? E se l’operazione Beto saltasse mai in aria, strada facendo? E se l’Everton dei Friedkin alla fine lo cedesse alla Roma dei Friedkin, che hanno promesso un centravanti di riserva a Ranieri? Vagnati si troverà forse costretto a implorare il Napoli, al tramonto di gennaio, per avere Simeone in prestito oneroso? Oppure dovrà andare a bussare alla porta del Benfica per l’ex viola Cabral (terza scelta, oggi come oggi) ovviamente in affitto? A fine Anni 90 Tonino Carotone cantava «è un mondo difficile». Non poteva sapere che sarebbe diventato l’inno di gennaio (del Torino) di Cairo.
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