La Pontida dell’altro giuramento. Quella che quasi 900 anni dopo la Lega lombarda, sancisce qui la “santa alleanza dei popoli europei”. A battezzarla è Matteo Salvini che, sul “sacro suolo padano” allarga i confini della Lega in un patto corale con i partiti sovranisti, già suoi alleati a Bruxelles nel gruppo dei Patrioti di Viktor Orban. Per la prima volta al raduno nella Bergamasca, e per la prima volta tutti sul palco. Se ne contano almeno sette nel selfie che il segretario della Lega scatta alla fine, con altrettanti leader della destra europea. Dall’olandese Geert Wilders che si lancia in un “Matteo ti amo” in italiano e annuncia che “è tempo di fare un nuovo giuramento a Pontida con tutti i patrioti europei” all’austriaca di Fpo, Marlene Svazek, convinta che “siamo sempre di più”. In tutta Europa lo spirito dei movimenti patriottici si sta risvegliando. Tutti ricambiano l’accoglienza di Salvini incoronandolo come “un eroe”. O con promesse in chiave anti migranti: se continueranno a sbarcare, “li porteremo a Bruxelles davanti agli uffici dell’Unione europea. Se proprio li vogliono, se li tengano!”, minaccia l’amico e premier ungherese,Orban. A parte il rinnovo del patto sovranista, è l’autonomia differenziata a dominare l’edizione numero 36 di Pontida. Salvini esalta la promessa mantenuta con la riforma Calderoli che a giugno è diventata legge. E idealmente la blinda dai referendum delle opposizioni, ma anche dagli agguati di alleati di governo: “Dopo 30 anni di battaglie, l’autonomia è realtà e indietro non si torna”, scandisce al microfono e dal prato, si alzano le bandiere leghiste. Fra queste, a un certo punto spuntano pure una di Israele e una russa,un vessillo della Russia imperiale con i colori bianco, blu e e rosso e al centro il simbolo dell’aquila bicipite. Per il resto della giornata, l’autonomia è la parola più diffusa su magliette, cartelli e striscioni. “L’Italia non è una e non lo sarà mai” si porta fiero, sulla tshirt verde, un militante di Viganò Brianza. Non mancano bandiere sull’autonomia lombarda o qualche attivista veneto che urla in dialetto: “Per me la patria è solo il Veneto, non c’è altro”. Del resto anche quest’anno la regione governata da Luca Zaia sale sul palco con un vessillo gigante del leone di San Marco srotolato dai consiglieri regionali.
“Per noi questa è la Pontida delle pontide”, esordisce il governatore, respingendo le critiche di egoismo o di secessione dei ricchi. “Noi non siamo per l’equa divisione del malessere ma per l’equa divisione del benessere”, insiste. Più diretto il collega lombardo Attilio Fontana: “Siamo a un punto di non ritorno”, sottolineando che “non è una questione di soldi in più per le Regioni” ma di “essere più liberi a casa nostra”. Tuttavia che la stada per l’Autonomia non sia in discesa non lo nasconde nemmeno il padre della riforma: “Io capisco le opposizioni, capisco meno qualche alleato – dice il ministro Roberto Calderoli rivolto a Forza Italia ma senza citarla – che ogni giorno dice che si deve riflettere e che bisogna aspettare i Lep”. Salvini parla anche di cittadinanza ma ammette che la priorità della Lega è revocarla a chi delinque. Insomma, altra cosa rispetto allo ius Italiae lanciato dagli azzurri di Antonio Tajani. Modello che non condivide nemmeno il generale Roberto Vannacci, altra new entry di Pontida che si prende gran parte del calore dei militanti. Salvini chiude la manifestazione dopo un discorso di 20 minuti. Più breve rispetto al passato. Alcuni temi mancano (ad esempio il ponte sullo Stretto) o sono appena accennati. E i ringraziamenti, a parte gli ospiti presenti, restano limitati a Umberto Bossi e Roberto Maroni (Grazie per averci portato qua”). Il leghista appare un po’ stanco.
Inevitabile l’amarezza pensando e parlando della condanna che rischia a Palermo nel processo Open arms. Al caso è dedicato lo slogan che tappezza il palco: “Difendere i confini non è reato, tradotto anche in inglese. A difesa del capitano si veste da carcerato Michele Leombruno, vicesindaco di Serracapriola, paesino del Foggiano col cartello: “Ho votato Lega. Arrestate anche me”. E Calderoli mette la maglietta “Processate anche me”. Salvini non si sposta di un millimetro: “Andrò avanti a testa alta. E anche in caso di condanna, processano chi ha fatto il suo dovere, ma non possono processare un intero popolo. Anzi, la santa alleanza dei popoli europei che oggi nasce a Pontida”, urla.
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