Negli aeroporti europei acquistare acqua e cibo è diventato un vero e proprio lusso. Secondo un’inchiesta, una bottiglietta d’acqua può arrivare a costare fino a 9 euro, mentre un panino semplice sfiora i 16,5 euro. I prezzi, nettamente superiori al tasso medio d’inflazione, sono una realtà comune in molti degli scali europei e colpiscono soprattutto i beni essenziali, causando malcontento e difficoltà tra i viaggiatori.
La questione sembra legata non solo ai costi operativi degli aeroporti, ma anche all’incremento degli affitti decisi dalle società di gestione aeroportuale, mentre l’Unione Europea si mostra impotente di fronte a questo fenomeno. Con il flusso di passeggeri in continua crescita, il mercato food & beverage rappresenta un settore redditizio che però continua a essere svincolato da regole di tutela per i consumatori.
Prezzi esorbitanti per cibo e bevande negli aeroporti:
Negli aeroporti europei i prezzi dei generi alimentari essenziali hanno raggiunto livelli record. Una bottiglia d’acqua da mezzo litro costa mediamente 5-6 euro nei principali aeroporti europei, con un picco di 9 euro nello scalo di Istanbul, mentre in Italia, sebbene più contenuti, i prezzi oscillano tra 1,8 e 2,8 euro.
Anche i panini hanno un costo spropositato: un semplice sandwich può raggiungere i 16,5 euro nei terminal di Istanbul. Per un caffè espresso, l’Italia risulta ancora tra le più economiche, con prezzi attorno ai 2 euro, mentre in altri scali europei si possono raggiungere i 6 euro per un espresso.
Prodotto
Prezzo in Italia (euro)
Prezzo massimo in Europa (euro)
Acqua (0,5 L)
1,8 – 2,8
9
Caffè espresso
1,5 – 2,5
6
Panino semplice
7 – 10
16,5
Croissant farcito
3 – 5,5
16,5
I costi emergono da una recente inchiesta svolta per il Corriere della Sera e ha coinvolto gli aeroporti italiani ed europei, analizzando i dati in confronto a quelli emersi negli aeroporti statunitensi.
Food & beverage aeroportuale: un business miliardario
Dietro gli aumenti si celerebbe un modello di business che punta a massimizzare i profitti derivanti dalle attività commerciali all’interno degli aeroporti.
Nel 2023, solo il settore food & beverage ha generato circa 11 miliardi di euro negli oltre 500 scali europei, con una spesa media di 10 euro per viaggiatore. In Italia, Aeroporti di Roma, che gestisce Fiumicino e Ciampino, riporta una spesa media di 6,8 euro per passeggero in partenza, in aumento rispetto agli anni precedenti.
SEA, società di gestione degli aeroporti di Malpensa e Linate, ha registrato nel 2023 un incasso di 29,56 milioni di euro dal settore food & beverage, rispetto ai 23,25 milioni del 2022, mentre Sacbo, che gestisce l’aeroporto di Bergamo-Orio al Serio, ha riportato un fatturato di 14,2 milioni di euro, con un aumento del 34,1% rispetto all’anno precedente.
Le società di gestione aeroportuale fanno affidamento su due principali canali di ricavo: le attività “aviation” e quelle “non aviation”. Le attività aviation comprendono:
i diritti di approdo e partenza degli aerei
le tasse di imbarco e i corrispettivi per l’utilizzo delle infrastrutture e della sicurezza
Le attività “non aviation”, invece, includono tutte le operazioni commerciali che non riguardano direttamente il traffico aereo, come duty free, negozi e ristoranti. Molte società affittano spazi commerciali a terzi, come grandi gruppi internazionali di food & beverage e ottengono introiti sia tramite affitti sia tramite una percentuale sulle vendite, che si aggira mediamente tra il 3% e il 4%.
Perché i prezzi sono così alti?
Ma da cosa dipendono i costi elevati? Questi sono dovuti anche, ma non solo, dall’incremento delle spese operative per mantenere gli standard di sicurezza post-11 settembre, che impediscono ai passeggeri di portare con sé liquidi oltre i 100 ml e li costringono ad acquistare acqua e bevande all’interno del terminal.
Gli aumenti di prezzo sembrano andare ben oltre i costi operativi, specialmente considerando che molti aeroporti hanno persino tentato operazioni di “moral suasion” per contenere i prezzi di prodotti essenziali come acqua e caffè, ma senza successo. Anche l’Airports Council International-Europe aveva tentato di raccomandare un tetto massimo di 1 euro per bottiglia, ma nuovamente senza esito.
Per fare un esempio concreto: il bene essenziale per eccellenza, l’acqua, si trova ormai a dei costi record. Inoltre una serie di tecniche spingono i viaggiatori a spendere sempre di più. Nei terminal di molti aeroporti internazionali, le bottigliette da mezzo litro vengono nascoste per far spazio a quelle da 0,75 litri, che costano di più. All’aeroporto di Istanbul il prezzo medio di una bottiglietta d’acqua è di 6 euro con picchi di 9 euro, molto lontano dal prezzo medio urbano di 80 centesimi.
Un altro esempio di gestione fraudolenta è visibile in Grecia, dove il governo ha imposto un prezzo massimo di 60 centesimi per una bottiglia d’acqua da mezzo litro, tanto che le bottiglie di questa dimensione sono state sostituite da quelle da 0,75 litri, quindi non soggette alla normativa.
Il paradosso a questo punto è che spesso è più conveniente acquistare acqua e cibo a bordo degli aerei. Per esempio, una bottiglia d’acqua da mezzo litro costa 3 euro su Ryanair e 3,5 euro su easyJet, mentre un panino semplice si trova a 6 euro. A bordo di Brussels Airlines, una bottiglia da mezzo litro costa 3,3 euro, un prezzo sensibilmente più basso rispetto a quello dei principali aeroporti europei.
Il filo è teso. Se i negozi degli aeroporti non andranno incontro al viaggiatore, è molto probabile che il viaggiatore smetterà di passeggiare tra gli scaffali nell’attesa del volo.