A Palazzo Chigi l’incontro tra i sindacati metalmeccanici e il governo per parlare di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva. Al centro delle discussioni la salvaguardia degli impianti e la tutela della salute dei lavoratori, con i rappresentanti dei lavoratori che chiedono anche all’esecutivo certezze sul futuro dell’azienda in merito alla presenza pubblica garantita all’interno della nuova società che andrà a costituirsi e al mantenimento della produzione di acciaio in Italia. Le voci sindacali lamentano un piano di risanamento a rilento e senza la giusta fornitura di informazioni in merito agli investitori.
L’incontro governo-sindacati sull’ex Ilva
Così come si apprende, sono diversi i soggetti governativi e sindacali che hanno preso parte all’incontro. Dell’esecutivo, presenti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e i ministri del Lavoro, Marina Caldebrone, delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, e dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (quest’ultimo in collegamento da remoto). I sindacati sono invece Fiom Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil, Ugl metalmeccanici e Usb. A questi attori si aggiungono anche Invitalia, i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e i commissari straordinari del gruppo Ilva.
Le richieste avanzate dai sindacati
A spiegare i punti cardine delle richieste sindacali al governo è stato Michele De Palma, segretario Fiom-Cgil: “Al centro c’è la salvaguardia degli impianti e quella della salute, della sicurezza e del lavoro delle lavoratrici e lavoratori di ex Ilva”. Sono principalmente tre i temi avanzati dalle rappresentanze dei lavoratori metalmeccanici:
la garanzie della presenza pubblica all’interno della nuova società che dovrà essere costituita, anche con la presenza di soggetti privati;
la conferma della compattezza del gruppo e la verticalizzazione della produzione di acciaio in Italia;
l’avanzamento del processo di decarbonizzazione senza conseguenze per le lavoratrici e i lavoratori.
Risposte parziali che non piacciono ai sindacati
“L’incontro di oggi a Palazzo Chigi è stato interlocutorio – ha detto il Segretario generale Uilm, Rocco Palombella – abbiamo ricevuto risposte parziali e insufficienti che ancora non ci fanno stare tranquilli. Abbiamo chiesto chiarezza sulle risorse disponibili e sullo stato della gara e soprattutto abbiamo continuato a ribadire la necessità di una piena garanzia occupazionale per tutti i lavoratori diretti, indiretti e dell’appalto”.
“Ci aspettiamo dal Governo – ha aggiunto – che ci sia la massima attenzione nel privilegiare soggetti credibili che garantiscano occupazione, tutela ambientale e futuro produttivo con un programma duraturo, non i due anni previsti nel bando. La ripartenza dell’altoforno 1 è stata spettacolarizzata in modo inopportuno, visto che abbiamo oltre 2.500 lavoratori in cassa integrazione, impianti fermi e una produzione, intorno ai due milioni di tonnellate alla fine dell’anno, che segnerà il record negativo nella storia dell’ex Ilva”.
“Serve un cronoprogramma specifico degli investimenti e della partenza degli impianti di verticalizzazione – ha aggiunto Palombella – per avviare finalmente la decarbonizzazione. Non è più il tempo delle parole, vogliamo sapere quando si parte con la costruzione dell’impianto di DRI e dei forni elettrici e quando andranno in marcia”. “Lo strumento della golden power – ha concluso – è insufficiente e non risolverebbe i problemi accaduti in passato in caso di gestione disastrosa. Inoltre è necessario prevedere un piano di strumenti di agevolazione per la maturazione anticipata dei requisiti pensionistici per i lavoratori che ne sono in prossimità”.
Lo stallo su Acciaierie
“Abbiamo chiesto un incontro dopo quattro mesi per cercare di capire perché la situazione rimane in stallo“, ha detto Rocco Palombella, segretario Uilm riferendosi all’avanzamento (a rilento) del processo che porterà alla nuova proprietà di Acciaierie.
In questo caso è utile tornare indietro di qualche mese, al 24 luglio 2024 quando, dopo l’incontro con gli stessi sindacati a Palazzo Chigi, il governo italiano aveva lanciato il bando di gara per la vendita dell’azienda. Si era arrivati così a 15 offerte, 3 delle quali interessate a tutto il gruppo Acciaierie. Dopo l’entusiasmo iniziale, tuttavia, non si è più avuta la certezza che le trattative potessero andare a buon fine.
“Vogliamo avere chiarimenti rispetto agli investitori che si sono palesati – ha detto Ferdinando Uliano, segretario generale Fim-Cisl – C’è tutto un percorso di ripartenza in atto che sta procedendo con la ripartenza dell’altoforno nelle scorse settimane”. Lo stesso Uliano si è inoltre detto “contrario a operazioni che parcellizzano l’impianto”.
La cassa integrazione per i lavoratori ex Ilva
Rispetto al suddetto incontro del 24 luglio scorso, ci sono state anche importanti novità per quanto riguarda i lavoratori del gruppo. Dopo due anni di assenza, infatti, è stato siglato un primo accordo di cassa integrazione straordinaria che ha portato nell’impianto di Taranto all’applicazione della misura per 2.200 unità (dati sindacali) rispetto al tetto massimo previsto di 3.500 addetti.