Aramco, il maggiore produttore di petrolio al mondo, ha deciso di spegnere i motori del suo ambizioso progetto di raffineria e impianto chimico a Ras Al Khair, un’operazione da 400.000 barili al giorno. La notizia riportata da Bloomberg non si limita a questo: anche l’idea di spostare tutto a Jubail è finita nel cassetto. La controllata Sabic aveva inoltre avviato una partnership con OQ dell’Oman e Kuwait Petroleum International per sviluppare il sito, ma entrambi i progetti sono stati definitivamente accantonati.
La multinazionale saudita sta guardando sempre più a Oriente, dove la domanda di prodotti chimici continua a crescere. In particolare, l’Asia sembra rappresentare la nuova terra promessa per chi, come Aramco, ha capito che la plastica potrebbe durare più a lungo della benzina nell’era della transizione energetica.
Aramco, la Cina al centro delle strategie
La scelta di mettere in pausa i progetti interni non arriva per caso. Aramco, insieme a Sabic, sta cercando di mettere le mani su una serie di accordi strategici in Cina, con l’obiettivo di garantire una domanda costante per il petrolio saudita. L’azienda punta tutto sui prodotti chimici, settore in cui la crescita è destinata a concentrarsi nei mercati asiatici, dove la trasformazione industriale sta accelerando a ritmi vertiginosi.
Con la transizione energetica in corso, Aramco vede un futuro in cui la domanda di prodotti petrolchimici, come la plastica, supererà quella di combustibili tradizionali come benzina e diesel, soprattutto nei mercati asiatici. La società prosegue intanto con l’espansione del complesso petrolchimico a Jubail, in collaborazione con TotalEnergies, consolidando il suo ruolo di player globale in evoluzione.
Investimenti sotto la lente
Non è solo la domanda interna a pesare sui progetti di Aramco. Il gigante petrolifero sta rivedendo l’intero pacchetto di investimenti multimiliardari in Arabia Saudita.
Aramco ha messo in pausa tre impianti chimici pianificati a Jubail e Yanbu, sulla costa del Mar Rosso, a causa delle preoccupazioni per un possibile rallentamento della domanda interna.
L’azienda ha fatto sapere a Bloomberg che “intende far crescere il proprio business legato alla conversione dei liquidi in prodotti chimici, con l’obiettivo di arrivare a processare fino a 4 milioni di barili al giorno entro il 2030”. Tutto, insomma, ruota intorno all’ottimizzazione dei progetti.
Espansione in Cina e investimenti strategici
Il colosso saudita non si limita ai proclami: ha già messo le mani su una quota di 3,4 miliardi di dollari nella Rongsheng Petrochemical Co., gigante cinese del settore. E non è finita qui. Nuovi accordi con altre aziende cinesi sono in corso di definizione, e Aramco non si ferma alla Cina. Anche Corea del Sud e India sono sulla sua mappa per una futura espansione del business.
L’Arabia Saudita, con il suo peso economico nel Golfo, ha concluso importanti affari. Nel 2023 ha attirato investimenti diretti esteri per quasi 29 miliardi di dollari, un salto netto rispetto all’anno precedente. La metà di questi, ben 16,8 miliardi, arriva proprio dalla Cina, segno di un asse economico sempre più solido, che ha trovato ulteriore slancio con la visita del presidente Xi Jinping a Riyadh nel 2022.
E si continua a spingere sull’acceleratore: la King Salman International Airport Development Company ha recentemente siglato un accordo con EWPartners, una società sostenuta dal Fondo Sovrano Saudita, per creare una zona economica speciale. L’obiettivo è rafforzare ancora di più il commercio con Pechino.