“Sono riuscito ad ascoltare le parole di Filippo – Turetta ndr . – senza provare odio, rabbia. E questo l’ho fatto per un anno. Mi sono reso conto di quanto sia importate questo esercizio per creare valore. Però mi sono anche reso conto che attorno a me si respirava un qualcosa di negativo. È umano, è comprensibile”.
Così Gino Cecchettin è intervenuto stasera a “Che tempo che fa” su La Nove, parlando dell’anno di tempo trascorso dall’uccisione della figlia, Giulia. “Tutti questi sentimenti – ha aggiunto – vengono poi immessi nel proprio ecosistema. Ma in quest’ultimo anno ho imparato a concentrarmi sul positivo”.E per pensare in positivo, “come sempre faccio – ha spiegato Cecchettin – prendo una foto di Giulia e me la guardo, e così non c’è nulla di negativo che appare nella mia vita, perché mi concentro sul bello”. In quest’anno, ha osservato Cecchettin “a me è sembrato di vedere come se vivessimo in un’atmosfera dove noi singoli siamo degli individui che possono produrre ossigeno o anidride carbonica: l’ossigeno è un sentimento positivo, l’anidride carbonica è un qualcosa di negativo perché poi lo portiamo a casa, lo portiamo nelle relazioni con i nostri cari”. Invece “quando recepiamo da ciò che ci accade qualsiasi elemento negativo, sta a noi decidere come reagire: se reagiamo positivamente portiamo a casa ai nostri figli, ai nostri cari un sentimento di amore, creando valore nel sistema. Viceversa, se ci facessimo sopraffare dal sentimento negativo, agiremmo in senso contrario”. “Io – ha concluso il papà di Giulia – non sono riuscito a odiare. Non so come ho fatto, però. penso che il segreto stia concentrandosi sui nostri cari che ci danno amore, che ci danno bellezza”.”La vita è fatta di ostacoli che dobbiamo superare. Probabilmente noi genitori cerchiamo di togliere quanti più ostacoli possibile ai figli. Molto spesso però non facciamo il bene dei ragazzi; anzi, un po’ di turbolenza è necessaria perché ti fortifica”, detto Gino Cecchettin. “Non si tratta – ha spiegato – di essere un genitore troppo autorevole o poco autorevole, significa usare la giusta autorevolezza, però far gestire un po’ di problematiche fin dalla giovane età ai ragazzi. Questo consente loro di sviluppare attitudini che in alcuni casi non avrebbero modo di trovare: permette di capire quant’è lo sforzo per ottenere dei risultati, questo è molto importante. e poi quando arriva la sconfitta accettarla, non solo accettarla, ma fanne virtù perché da una sconfitta si può imparare quello che è andato storto, facendone tesoro per la prossima volta”.
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